17 dicembre 2015

Una serata ai piedi dei Soviet

- Avendo deciso di cancellare il mio vecchio blog (Rainy days and windy nights), non più on line da circa un anno, passo a recuperare alcuni post tratti dallo stesso che desidero salvare dall'oblio. -

[Una serata ai piedi dei Soviet, 19/11/13]

Curioso come mi sia messo a leggere di calcio proprio durante la pausa del campionato, anche se non credo proprio si sia trattato di una qualche forma di compensazione. Per quanto continui a seguire le gesta della mia squadra, che quest'anno sta andando pure bene, il mio interesse nei confronti del "gioco più bello del mondo" non è certo quello di un tempo. In realtà avevo comprato questo I piedi dei Soviet di Mario Alessandro Curletto due o tre anni fa, ma per vari motivi non ero ancora riuscito a leggerlo, così continuava a prendere polvere sullo scaffale. L'ho letto ieri, cercando di ottimizzare uno dei miei proverbiali mal di schiena, che mi sta costringendo a casa da un paio di giorni. Ho iniziato nel pomeriggio, facendo una pausa per preparare la cena, poi ho ripreso, steso sul letto, alternando lato destro e lato sinistro quando il dolore si faceva più forte. Siccome alla televisione davano un'amichevole della nazionale italiana, ho pensato che il brusio della telecronaca potesse trasformarsi nella colonna sonora ideale per la serata. Così è stato, anche se l'enfasi dei commentatori in occasione dei gol (quattro) non si è sincronizzata con i momenti più appassionanti della lettura. Peccato.

Dopo aver trovato la posizione ideale, un miracolo visto che la piccola Chicca (la mia cagnolina) si ostinava a voler dormire accanto a me, ho iniziato a macinare pagine piuttosto spedito. Io sono uno di quelli che pensano troppo, anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Soprattutto, resto l'idealista che sono sempre stato. Per questo motivo, mentre la lettura progrediva mi sono venute in mente immagini di una banalità sconcertante. Finali di Champions e guerre, piogge di euro e granate, partite fasulle e per la vita. Tutto molto ovvio, mi rendo conto. Come se non sapessi come va il mondo. Come se mi stesse saltando agli occhi soltanto in quei momenti la differenza che passa tra una console e un fronte, tra un abbonamento e un regime totalitario, tra chi il calcio se lo gode così com'è e chi invece lo sogna diverso. Invece lo so, e suppongo sia stata proprio questa scontata consapevolezza a non farmi scivolare nella retorica, mentre voltavo le pagine una dopo l'altra. Agevolato dalla scorrevole esposizione dei fatti dell'autore, ho resistito alla tentazione di chiudere il libro per mettermi a guardare Italia - Nigeria, e vivere una volta di più questo sport in modo distaccato. Ho fatto decisamente bene. Voglio dire, goditi un bel libro e non rompere troppo i palloni con questi pensieri, dai. Alla fine sono riuscito a prendere I piedi dei Soviet, Storia del futbol dalla Rivoluzione d'Ottobre alla morte di Stalin per il verso giusto, ovvero per quello che alla fine è, una parentesi storica della quale sapevo pochissimo.

Per un certo periodo di tempo, il gioco del calcio dovette fare i conti con la rivoluzione. Poi si beccò quasi trent'anni di regime staliniano, passando per la Seconda Guerra Mondiale. Affrontò avversari assai poco sportivi, con tutto quello che ne conseguì in termini di strumentalizzazione, ingiustizia, sacrificio e morte. Fu protagonista della "partita della morte", poi rielaborata ad arte dalla propaganda sovietica ed approdò alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, dove la nazionale fu sconfitta dall'odiata Jugoslavia di Tito. Un periodo terribile per il calcio, che già allora accendeva gli animi di milioni di appassionati. Incredibile come la palla non smise mai di girare, neanche in mezzo a mucchi di macerie fisiche e morali.

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