10 maggio 2020

Colonne

Quando Elvis Presley entrò nella mia vita ero un ragazzino, eppure non si limitò a trasformarsi nella passione più longeva della mia esistenza, non mi spalancò soltanto le porte del rock rendendo i miei gusti musicali a dir poco eterogenei, ma fece si che intraprendessi un inevitabile viaggio a ritroso nel tempo, in direzione dell'epoca in cui tutto era iniziato. Una volta arrivato conobbi una serie di personaggi che imperversavano negli Stati Uniti durante gli anni '50, da Jerry Lee Lewis a Chuck Berry, da Fats Domino a Buddy Holly e tanti altri ancora che adesso è impossibile citare. Non ultimo, naturalmente, Little Richard.

Assimilavo questi tipi a componenti di una banda di pazzi che girava per le città americane stravolgendo la vita dei cittadini, rendendo loro noto che c'era un'altra strada da seguire. Una strada ricca di insidie e pericoli e proprio per questo motivo terribilmente affascinante. Tipi che sono stati e sono tuttora le mie colonne.

Abitando a Roma di colonne ne ho viste tante e le ho sempre associate all'eternità, a qualcosa che resiste nei secoli dei secoli. Per un nostalgico del mio calibro, per uno che è ossessionato dallo scorrere del tempo le colonne rivestono un'importanza fondamentale. Per questo motivo, se dovessero iniziare a sgretolarsi, se dovessero cadere vivrei l'evento come una grande, dolorosa sconfitta.

Ecco perché prendo male la scomparsa di Little Richard. Certo, delle colonne si può conservare il ricordo, ma non è la stessa cosa.

6 commenti:

  1. Caro Roberto, ti sembrerà molto strano ma io questo giovane non lo ricordo, sai no seguo tanto questi personaggi.
    Ciao e buona domenica settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

    RispondiElimina
  2. "Certo, delle colonne si può conservare il ricordo, ma non è la stessa cosa."

    Concordo.
    Tasselli della mia storia, di me, che se ne vanno.

    RispondiElimina